Un sorriso aperto, un lampeggiare nello sguardo quando parla del suo lavoro, un tratto di grande positività in questo momento ancora difficile mi viene regalato in questo piacevole incontro, una chiacchierata con lo chef Roberto Di Pinto.
Napoletano sino alla midollo questo giovane uomo, classe 1982, che non ha voluto fermarsi se non per un po’, giusto il tempo di concretizzare alcune idee anche se ha dovuto dare una leggera virata a causa del momento, d’altronde dice

«Arriverò a quello che mi ero prefissato, ma per ora questo tempo chiuso in casa mi ha dato riflessione e, continuando con la mia filosofia, ho voluto portare ai miei clienti l’appoggio della mia cucina con questo delivery con asporto che ha avuto molta risposta

Lo abbiamo incontrato per sapere come ha utilizzato questo periodo di meditazione e se aprirà e quando nel suo locale Sine di viale Umbria 126 a Milano.

«Quando ho pensato a Sine il ristorante gastrocratico di cui hai parlato per l’apertura fatta a dicembre 2018, c’era già a seguito un pensiero legato alla cucina o meglio di diventare quasi una fucina napoletana. Una poi era già in previsione, quella di aprire una gastronomia urbana che offrisse dalla colazione all’aperitivo, in un contesto ancora più popolare di quello che è già Sine che, come sai, è portare alta cucina anche ai giovani.»

Già ricordo che mi avevi subito ribadito il tuo pensiero che esce già nella frasela felicità non dipende dal superfluo” 

«Si infatti Sine, “senza” in latino, viene dalla logica di sottrazione, quello che non serve al gusto perfetto di un piatto, di una cucina, un format casual e informale, accogliente e sbarazzino»

Come è infatti lo sguardo di Robbie, per gli amici, che sto ascoltando in questo locale dal soffitto altissimo, nato dalla ristrutturazione di una vecchia officina della Suzuki e di un attiguo ambulatorio veterinario.

Ma facciamo una premessa per chi non lo conoscesse, perché ha un curriculum di grande rispetto visti i viaggi nel mondo della ristorazione che ha fatto.

Ha iniziato come garzone nella pasticceria Scaturchio di Napoli e infatti la sua pastiera napoletana è da leccarsi i baffi. Poi è entrato nel mondo Starwood, catena alberghiera con la quale ha girato mezzo mondo, a partire dai ristoranti stellati Fiore e Conservatory di Londra, per poi tornare in Italia a Firenze.

Si è immerso in una Milano, al Diana Majestic e poi al Nobu, ma la sua girandola di conoscenza presso la ristorazione ha continuato a Parigi nel 2000. Gli aggiungiamo qualche stage in ristoranti importanti e poi è arrivato nuovamente a Milano presso il Bulgari. Ma aveva già il chiaro disegno di un suo ristorante.

I suoi piatti sono creativi senza mai trascurare il senso estetico e rendono il sapore, indimenticabile, fin dal primo morso. In ogni sua creazione cerca di portare in tavola un po’ della sua terra e delle sue origini, creando alle volte anche degli accostamenti impensabili, ma che con il giusto equilibrio diventano dei veri e propri capolavori anche perché molti attingono da questa sua partenopeità.

 

Già mi dicevi che, pensa che ti pensa, volevi non lasciar soli i tuoi clienti, ma non era momento per mettersi ad aprire la Gastronomia ed allora?

«Si questo è un quartiere che mi piace dove c’era solo qualche vecchia gastronomia, ma è un quartiere vivace, Sine cucina napoletana, connotazione partenopea, ci stava ed ora cosa si poteva fare… e così con mia moglie Martina abbiamo optato per un delivery, meglio un asporto che mantenesse il contatto e continuasse a portare sulle loro tavole la mia cucina che parte da Napoli, ma pur inserendo tutte le mie esperienze di viaggi fatti, ritorna sempre a Napoli.»

«Infatti se ti guardi il menu di Sine by Di Pinto trovi Fucina Napoletana!»

«Non potevo fare la mia cucina da asporto, quella del ristorante. Ho visto il mercato cosa offriva ed allora ecco che Fucina Napoletana porta in busta, dentro bei contenitori, la gastronomia popolare, dentro c’e sempre la napolitanità, ma anche quel quid inaspettato che trovi nella mia cucina al ristorante, ma che in questo modo puoi trovare anche a casa. La Parmigiana, che ricordo è la tua passione, è diversa pur essendo la stessa. Il sartu di riso, emblema di una cucina dalle rimembranze borboniche, è un piatto che facevano in famiglia, il nome lo abbiamo storpiato con gli anni, viene dal francese surtout = soprattutto ed è un ciambellone di riso o una cupola. Sono piatti che venivano posti sul vassoio più bello al centro del buffet nelle cene importanti. A Napoli c’era, e qualcosa ancora è rimasto, della grande tradizione di cuochi arrivati dalla Francia per le famiglie reali che si chiamavano “monsieur” ma che noi abbiamo storpiato in “monzù”, come il ristorante stellato di Capri, e queste ricette borboniche sono un mix di ricetta campana di vecchia tradizione.»

Ma di cosa si tratta?

Il riso da noi non viene usato, un tempo si, quando sino al 1700 avevano delle risaie nel salernitano, poi la bonifica per la peste le ha fatte sparire e noi siamo diventati “mangia maccheroni”. Quando arriva in tavola è a forma di cupola o di ciambella alle melanzane e quando la tagli scopri che dentro il riso c’è ragù di carne, burrata e piselli e un coulis di pomodoro del piennolo, 13 euro e allora veramente ti viene da fare uahouh! wow! sorprendente!»

Sartù al Ristorante
Allora che fai riprendi, meglio riapri?

«Si certo ripartiamo sabato 30 maggio molti ci aspettano, chiaramente con un menu in evoluzione che segue anche quello che i fornitori portano e che ci arriva dalla Liguria, Sardegna, Sicilia e chiaramente Campania. Milano attrae ottimi fornitori con cui ho rapporti ormai consolidati, io cerco sempre il fornitore con cui creare un rapporto trasparente, come l’acqua che è dentro questi sacchetti che ci arrivano con il polipo vivo

Come vedi quindi la ripresa?

«C’è un’aria frizzante, tengo egualmente il delivery che ha funzionato, bellissimo, 120 piatti e forse anche perché i prezzi sono gestibili, una linea dedicata per la casa va meglio che andare a comperare in una gastronomia, hai dal primo al secondo e magari un piccolo dessert preparato caldo poco prima»

Quindi sempre la tua filosofia

«Si la mia filosofia con prezzi bassi gastrocrazia che rende accessibile l’alta cucina, il mangiar bene, sano, di qualità anche nell’asporto mettiamo la stessa cura che trovi nei nostri piatti al ristorante, non vogliamo solo i gourmet, ma anche la gente dei dintorni, quindi!»

«Certo saremo meno in brigata, in 4 con il nuovo arrivato giapponese, per il momento, prossimamente ci allargheremo, possiamo aprire con solo 26 coperti a scacchiera, distanziati, il consulente della sicurezza ci ha preparato la cartellonistica, le mascherine, il gel, il misura temperatura. Il menu non avrà tre menu degustazioni, solo due e la carta sarà più piccola, ma ci saranno sempre i piatti più richiesti come il risotto Milano – Napoli e piano piano vediamo come reagisce la città.»

Immagino che dovrai fare un giusto compromesso, quando apri, con anche l’asporto.

«Si certo, mentre ora tu puoi ordinare sino alle 18 e venire a ritirare dalle 19,30 sino alle 21.30, dopo l’apertura prenderemo ordini sino alle 12 e consegne entro le 20 perché dobbiamo preoccuparci della sala dove c’è Andrea, Nicola e Martina, mia moglie che, nelle sue veci di padrona di casa, accoglierà i commensali che hanno prenotato e ne abbiamo già!»

Sempre di zona?

«No, con il progetto asporto non ho attinto solo al vicinato, al quartiere, che ci ha dato soddisfazione e con cui abbiamo veramente un bel rapporto, clienti che incontriamo visto che abito qui in zona, ma anche con i clienti che pur da lontano sono arrivati e quindi ancor meglio verranno a gustarsi la mia cucina comodamente seduti e serviti da uno staff educato

Avevi fatto dei cambiamenti prima del Covid 19?

«Si avevo aggiunto la saletta da 14 posti, che riapriremo più avanti, piano piano un passo alla volta per non strafare, ora bisogna essere oculati, aumentare lo staff, le portate e quant’altro è semplice, ora dobbiamo ricordarci che per tre mesi abbiamo avuto solo uscite e nessuna entrata, allora dobbiamo pensare a colmare un po’… quindi!»

Certo allora in bocca al lupo e sii sempre positivo che quello che fai, con la passione che metti, fa si che il tuo non sia un lavoro, ma la tua scelta di vita che ti pesa, ma non più di tanto, perché ti da soddisfazione!

 

 

 

 

 

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