Ciao Lucia, è con molto piacere che inserisco nelle pagine di Golf&Gusto una chef come te che spero di avere come prossima nostra compagna di divertimento negli eventi di Chef in Green in Emilia. Non sei mai venuta perché il tempo ti mancava visto che il tuo ristorante Taverna del Cacciatore è una meta ambita di chi ama la cucina tradizionale ma fatta veramente con arte e passione.

Ci hai mandato una ricetta che chiaramente inseriamo oltre a tutto con un ingrediente giusto adatto al mese di maggio, ma prima vorremmo presentarti ai nostri lettori che non ti conoscono, non tutti certamente.

Leggendo la tua presentazione e guardando un po’ in giro nel web scopro che, come molti, la tua passione viene dalla nonna… ah queste nonne, gran donne!

«Si, infatti come molte storie di famiglie nate e cresciute in montagna, sono nata a Castiglione dei Pepoli a metà degli anni Sessanta, specie se numerosa, hanno vissuto in un contesto in cui alla nonna era affidato il compito di governare la casa e occuparsi della cucina, assecondando i gusti e i desideri con imparziale alternanza. Sono stata l’unica nipote femmina e quindi quella più coccolata, soprattutto in cucina, il vero cuore della casa e il posto dove a me piaceva stare e imparare. Prima mia nonna, poi mia madre mi insegnarono i primi rudimenti e anche i primi segreti della cucina, come delle maestre alla loro unica alunna. Dalla nonna, che non sprecava nulla di quello che veniva prodotto nell’orto e nel pollaio del nonno, appresi presto che occorre partire da ingredienti genuini e che la cucina tradizionale di casa, con sapori e abbinamenti collaudati nel tempo, non può deluderti mai.»

Allora una storia che segnava la tua vita di casa, ma come mai questo nome al ristorante?

«Quando con la mia famiglia andavo a trovare gli zii di Reggio Emilia, il buon mangiare era sempre al centro delle nostre relazioni: noi portavamo un po’ di Appennino, tradotto in castagne funghi, pane toscano zuccherini, e loro donavano la Pianura con buon parmigiano, aceto balsamico, saba, tosone e sughi d’uva. Non era semplicemente uno scambio di cibo, ma due facce così differenti della stessa regione che si incontravano e si influenzavano a vicenda.»

Si ma il nome del ristorante?
«Appena sposata la mia passione fece divenire la mia casa un piccolo ristorante per gli amici. Nei fine settimana si riempiva di persone unite dalla voglia di stare bene assieme, sedute attorno a una tavola piena di cose buone.»
«Così dopo aver concluso i miei studi all’Isef di Bologna, con la prospettiva di passare la vita a insegnare ginnastica in qualche scuola, non ebbi alcun dubbio quando mi fu proposto di continuare la conduzione del ristorante della famiglia di mio marito. I miei suoceri avevano aperto i battenti del ristorante nel giugno del ’69, proponendo piatti della tradizione montanara con grande attenzione alla pasta fresca, tirata esclusivamente al matterello, ai piatti di selvaggina e del bosco. Loro mi hanno accompagnata e guidata nell’avvio della mia nuova professione, poter contare sulla loro esperienza mi convinse e mi facilitò il lavoro. Decisi quindi di dedicarmi anima e corpo alla cucina, a riservarle le mie energie e la mia forza, con tutto l’entusiasmo di chi abbraccia la scelta giusta. Era il 1991, io avevo due figli e 27 anni da spendere.»
Ah ora capisco il suocero cacciatore…
«Non proprio, ho iniziato piano piano a fare piccolissimi cambiamenti, monitorando la risposta dei clienti. Assieme a mio marito pensammo qualche antipasto un po’ nuovo e decidemmo di recuperare le origini del ristorante introducendo piatti di selvaggina con chiaro richiamo alla nostra storia.»
«Perché non puntare su questi piatti, mi dissi, che sono in fondo quelli più legati alla tradizione del mio territorio, sentivo questa scelta per me semplice e naturale, quasi logica, ma nessuno dei locali concorrenti sembrava aver trovato il coraggio di farla. Fu la cosa giusta da fare e la linea che ancora contraddistingue la nostra cucina.»
Gia però mi dicono che sei chiamata la regina dei tortellini?
«Si perché consapevole che il mio lavoro aveva la freschezza, ma anche le imperfezioni, di una cuoca autodidatta, decisi di entrare in contatto con professionisti del mestiere. Cominciai a frequentare la Federazione Cuochi , convinta che da sola non ce l’avrei potuta fare. Per crescere ai fornelli avevo bisogno di modelli, di maestri, insomma qualcuno che mi insegnasse cose nuove e migliorasse la tecnica di quelle che già facevo.»
«Credo occorra sempre partire da un’idea, o da un esempio, avendo però la voglia e lo stimolo di interpretarla e migliorarla continuamente: anche un piatto che esiste già può diventare qualcosa di nuovo ed essere, per chi lo prepara e lo sperimenta, un’esperienza originale.»
«Per lo stesso desiderio di crescita e arricchimento professionale, oltre la mia innata curiosità, non esitai ad accettare l’invito di famosi chef  bolognesi per condividere un evento che aveva come protagonista il tortellino. Mi dissi questi sono grandi e affermati, ma con il tortellino gioco in casa!»
Lanciatissima allora racconta racconta
«Fu preparato un primo evento: i polsi tremavano, l’emozione era alle stelle, la cuoca di montagna tra i giganti di città.»
«Il grande successo della manifestazione ci legò fortemente e ci convinse ad associarci: nacque così Tour-Tlen, con l’intento di promuovere la vera cucina tradizionale bolognese. Altri eventi furono organizzati, sempre con grande successo di pubblico e attirando l’attenzione della stampa, fino a quando mi ritrovai a partecipare e a vincere un’importante sfida a suon di tortellini.»
E poi sei partita a scrivere i ricordi delle tue esperienze?
«Ho compiuto già i 50 anni e mi sono regalata qualche minuto per pensare. Mi sento fortunata perché posso sbirciare nel passato e vedere le cose belle fatte e nello stesso tempo avere l’opportunità di guardare avanti con tanti progetti ancora da realizzare e da affrontare con lo stesso spirito di quando di anni ne avevo la metà. Da domani inizia una nuova avventura, in una mano la padella nell’altra la matita per raccontarvi il mio Appennino.»
Quindi è in uscita un tuo libro?
«No è L’appennino in Tavola è uscito nel 2018. Prima nel 2014 avevo gia scritto Cucine di Frontiera, quest’ultimo é dedicato a chi crede che la cucina tradizionale sia una cosa importante e speciale, una cosa da tramandare gelosamente per poterla ripetere e fare apprezzare a chi spesso nemmeno si immagina che esista. Con queste pagine vorrei dare il mio piccolo contributo: nessuna impennata artistica da grande chef, a me piace stare con i piedi per terra e cercare di far mangiare bene persone sedute comode vicino a una cucina dove gli ingredienti siano sani e di provenienza certa, che conservino il profumo dei ricordi di casa mia.»
Un accenno allora perché l’interesse vien anche leggendo, come il piacere vien mangiando.
«Questo nuovo capitolo della mia storia vuole essere anzitutto una riflessione sul mio territorio, sulla sua bellezza e le ispirazioni con cui anima la mia cucina. È il mio ringraziamento alla mia terra e a quanti mi hanno aiutata a portare avanti il mio lavoro, incoraggiandomi e condividendo con me le proprie abilità, professionali e umane»
Li leggeremo senza dubbio, ma spiegami cosa pensi di fare appena sarà possibile riaprire e la ricetta che proponi?
«Ho scelto questa ricetta da presentare ai lettori soprattutto perché la preparazione della pasta fresca scandisce le mie giornate ed è diventata, assieme ai tortellini, la mia bandiera.»
«In questa particolare ricetta l’uso delle rose, elemento altamente femminile, non rimane effimero ma conferisce alla sfoglia un particolare  profumo che bene si concilia con la delicatezza dell’ovulo.»
«Durante la quarantena le mie giornate non sono andate sprecate e in qualche modo  mi sono attivata per “ guadagnarmi lo stipendio”.»
«Tra le mille incertezze che mi  assalgono ho deciso di mantenere la calma, la concentrazione, dedicarmi ai vari lavoretti di manutenzione straordinaria della cucina, della sala e dello spazio esterno del ristorante che credo sarà molto prezioso.»
«Quando tutto sarà passato il mondo la fuori sarà diverso; nuove abitudini regole e consuetudini ci chiederanno di essere pronti ai cambiamenti, senza paura!»
«Sto dedicando quindi molto tempo energia allo studio e alla  partecipazione a eventi formativi che mi aiutino a diventare sempre più imprenditore e non solamente cuoca, gestore del ristorante. Il percorso non è facile ne tantomeno sono scontati i risultati ma fino a quando non ci si prova…»

Tagliatelle alle rose con ovuli freschi

 

Ingredienti (6 persone):

Per la sfoglia

400 g di farina

4 uova ( 220g)

1 albume

2 rose rosse o rosa non trattate chimicamente

Per il condimento

300 g di ovoli

100 g di burro

sale

pepe

Procedimento

Per gli ovuli

Pulire gli ovoli togliendo la pellicina esterna che li ricopre e strofinarli con una pezzola umida per eliminare eventuali residui di terra

Per la pasta

Sul tagliere disporre la farina a fontana e rompervi al centro le uova. Battere brevemente con una forchetta poi procedere con le mani fino ad amalgamare completamente gli ingredienti ottenendo un composto liscio ed uniforme.

Dividere in due panetti ungerli leggermente e lasciarli riposare un oretta coperti da una ciotola.

Trascorso il tempo necessario, con l’aiuto del mattarello tirare una prima sfoglia del diametro di circa 30 cm, pennellarla di albume d’uovo e disporvi i petali delle rose ben lavate uno accanto all’altro.

Tirare la seconda sfoglia e sovrapporla alla prima, e premere con le mani in modo che si saldino l’un l’altra eliminando eventuali sacche di aria.

Con il matterello assotigliare la sfoglia cosi preparata fino a circa un millimetro di spessore, i petali si frantumeranno al suo interno variegando la sfoglia con un delicato ricamo.

Lasciare asciugare la sfoglia quindi arrotolarla e tagliare sottili tagliatelle. 

Pro seguimento

Fare bollire una pentola d’acqua salata e nel frattempo tagliare gli ovoli in fettine sottili.

In una padella fondere il burro, salare, pepare e, dopo aver allontanato dal fuoco, unire gli ovoli dopo averne conservato qualche lamella.

Raggiunto il bollore calare le tagliatelle, lasciare cuocere molto brevemente quindi scolarle ancora umide passarle nella padella, rimettere al fuoco e saltare brevemente.

Impiattamento

Servire subito in un bel piatto caldo e decorare con le lamelle di ovoli e petali di rose tagliati a striscioline finissime.

Per un piatto ancora più gustoso profumare la farina il giorno precedente aggiungendo petali di rose per farne  assorbire l’essenza.

Basterà poi setacciare la farina per eliminare i resti e procedere come indicato.

 

Grazie Lucia ti aspettiamo quindi ai nostri eventi Chef in Green in Emilia, a Castel SanPietro Terme o a Modena.


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