Bello e impossibile, il Royal St.Georges ospita il 149° Open Championship
Per la quindicesima volta nella sua storia l’Open Championship, o semplicemente The Open come lo chiamano orgogliosamente i britannici, si giocherà sul percorso inglese del Royal St. George’s nel Kent. Nessun altro campo al di fuori della Scozia ha ospitato così tante edizioni del torneo di golf più antico del mondo.
La prima volta fu nel 1894, l’ultima nel 2011. Nei confronti di questo campo esistono da sempre pareri discordanti. Molti lo considerano tra i migliori campi d’Inghilterra, se non il più bello come testimonia la sua costante presenza nelle varie classifiche di questo genere, per altri invece, si tratta di un campo talmente difficile e ostico da perdere gran parte del suo fascino.
Si potrebbe dire che hanno ragione tutti perché il fascino selvaggio di questo percorso non può lasciare indifferenti, ma è altrettanto vero che il Royal St. George’s non fa molto per farsi voler bene. È lunghissimo (per i “pro” è un par 70 di oltre 6.600 metri), è molto impegnativo per i dilettanti (non essendoci in Gran Bretagna il sistema Slope si tratta di un par 72 con SSS 76), per le donne c’è un solo battitore che condividono con i seniores. Non ci sono indicazioni sulle distanze e a volte trovare il “next tee” può essere complicato a causa del bizzarro lay out del campo completamente diverso dai classici design dei links anglosassoni con le prime nove buche che in qualche punto del percorso si mescolano alle seconde in una sorta di cerchio concentrico. A tutto questo si deve aggiungere che per giocare al Royal St. George’s bisogna prima di tutto trovare un tee time libero (cosa non semplicissima), sborsare 250 sterline e avere almeno 18 di handicap, una richiesta che, viste le difficoltà del campo, non appare assolutamente fuori luogo.
Non c’è nulla di artificiale al Royal St. George’s perché il suo stile e il suo aspetto sono sempre rimasti praticamente gli stessi da quando, nel 1885, il dottor William Laidlaw Purves, socio del Wimbledon Golf Club di Londra, pensò che le dune di questo lembo di terra sulla baia sassosa di Sandwich fossero perfette per un grande links. Il percorso venne intitolato al santo patrono d’Inghilterra e nel 1902 arrivò anche il riconoscimento reale.
Una delle caratteristiche del Royal St. George’s è quella di avere buche assai diverse tra loro per disegno e conformazione, un elemento che facilita l’impressione nella memoria, segno distintivo di un grande campo. Il percorso originale aveva diverse buche cieche con le dune sabbiose che non permettevano di individuare i tanti pericoli disseminati sul tracciato complicando non poco il gioco. Così nel 1970 venne affidato all’architetto Frank Pennik il compito di addolcire, ma non più di tanto, il tracciato rendendolo più giocabile.
Nonostante questo intervento, però, il Royal St. George’s rimane uno dei campi più impegnativi di tutto il Regno Unito ma in grado di offrire al golfista grandi emozioni. È come una macchina dalle linee anonime e magari fuori moda, senza optional e orpelli elettronici, ma quando senti il rombo del motore e schiacci il piede sull’acceleratore del resto non ti importa più nulla.
Questo links non convenzionale, aspro e duro, non presenta buche particolarmente spettacolari in cui la scenografia prende il sopravvento sul disegno e ogni colpo deve essere sempre pensato e studiato. Quando si sbaglia sono dolori ma è altrettanto vero che un buon colpo regala una gratificazione enorme.
Non esistono buche facili al Royal St. George’s e anche quando lo potrebbero sembrare ci potrebbe essere sempre il vento a renderle difficili. È determinante riuscire a centrare i fairway perché i colpi fuori linea finiscono inghiottiti dal micidiale rough di festuca ed erica selvaggia che li costeggia. Fa sicuramente impressione la buca 4, il più lungo par 4 del campo. Sul tee shot entra in gioco il gigantesco bunker che domina il lato destro (è il più alto e il più profondo di tutta la Gran Bretagna) e mettere in green il secondo colpo è roba per giocatori molto esperti.
Il finale è degno di un grande percorso con un crescendo di difficoltà che inizia dal par 5 della 14 e finisce con il lungo par 4 in leggera salita della 18. Una delle peculiarità del Royal St. George’s è quella di trovarsi tra due altri storici percorsi con i quali confina. A nord c’è il Prince’s Golf Club mentre a sud c’è il Royal Cinque Ports Golf Club, il tutto nello spazio di qualche chilometro lungo questa baia a nord di Dover. La vera particolarità, però, sta nel fatto che tutti e tre questi campi hanno ospitato almeno un’edizione dell’Open Championship e spesso sono la sede delle qualificazioni per il Major più antico del mondo.
Quale altro posto del pianeta può vantare un simile prestigio golfistico?

LASCIA UN COMMENTO

Please enter your comment!
Please enter your name here

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.