Sul percorso dell’Augusta National GC (par 72), al Augusta in Georgia, alla presenza di un numero ridotto di spettatori tutti con mascherina, la giornata iniziale del primo major dell’anno l’85° Masters Tournament, non ha certo deluso e probabilmente Rose deve aver messo in ansia più di qualcuno, soprattutto per chi al termine si è trovato dietro di nove colpi o più.
Justin Rose, leader con 65 (-7), a vele spiegate aveva iniziato alla grande mentre gli altri quasi tutti trai giocatori più attesi avevano finito con punteggi sopra par, compreso Francesco Molinari, 30° con 74 (+2), flop inaspettati, solo dodici concorrenti sotto par e nessuno bogey-free e una “hole in one”.
Rose, 42 anni il prossimo 30 luglio, nativo di Johannesburg in Sudafrica, nazionalità inglese e residenza ad Albany nelle Isole Bahamas, ha un palmarès piuttosto nutrico con un major (US Open, 2013), due WGC e, al netto di questi, con sette successi sul PGA Tour, otto sull’European Tour, uno nel Japan Tour, uno nell’Asian Tour e due nel Sunshine Tour. Inoltre ha vinto le Olimpiadi nel 2016. Ha iniziato piuttosto male, con due bogey in sette buche, poi tutto è cambiato di colpo con un eagle all’ottava e sette birdie successivi di cui sei sulle ultime nove buche. Un ciclone che ha devastato la classifica, dove i primi inseguitori, Brian Harman e Hideki Matsuyama, all’ottavo round al Masters in par o sotto, sono a quattro colpi (69, -3).
Sono in quarta posizione con 70 (-2) Patrick Reed, “giacca verde” nel 2018, Webb Simpson, Christiaan Bezuidenhout e Will Zalatoris, che ha ottenuto dieci “top 25” nelle ultime 14 uscite. Subito dietro, ottavo con 71 (-1), Jordan Spieth insieme a Jason Kokrak, Si Woo Kim, Shane Lowry e a Tyrrell Hatton. E’ stato un giro in altalena, ma proficuo per Spieth (un eagle, tre birdie, un bogey e un triplo bogey) tornato al successo nel precedente Valero Texas Open, dopo quattro anni di digiuno e probabilmente il giocatore che calamita le maggiori attenzioni. È difficile comunque prevalere in un major dopo un exploit la settimana prima. L’ultimo è stato Rory McIlroy nel 2014 (St. Jude Invitational e PGA Championship) e ci riuscì anche Phil Mickelson nel 2006 (BellSouth Classic, Masters).
Ha girato in par Jon Rahm, 13° con 72, e sono andati sopra di un colpo Justin Thomas e Collin Morikawa, 20.i con 73 (+1). Nove le lunghezze che separano Francesco Molinari dalla vetta, il quale ha fissato lo score sulle prime dieci buche (due birdie, quattro bogey) per poi infilare otto par di fila. Stesso punteggio per Brooks Koepka, al rientro dopo l’intervento al ginocchio sinistro del 16 marzo, Dustin Johnson, numero uno mondiale e campione in carica, e per Tommy Fleetwood, autore di una “buca in uno”. Johnson ha sicuramente deluso se stesso e i suoi fans. A novembre aveva segnato in tutto quattro bogey, mentre in un solo giro ha fatto di peggio con tre bogey e un doppio bogey (buca 18) a fronte di tre birdie che hanno limitato i danni.
Fleetwood ha centrato dal tee la buca 16, par 3 di 170 yards utilizzando un ferro 9. È la 23ª “hole in one” su questo green e la 32ª nella storia del Masters. Le ultime due erano state segnate da Bryson DeChambeau e da Justin Thomas nel 2019. Quanto all’inglese ne aveva ottenuta un’altra nel recente WGC Dell Match Play.
Giornata da dimenticare per Bryson DeChambeau, Sergio Garcia e per Rory McIlroy, 60.i con 76 (+4) e con quest’ultimo che dovrà probabilmente rinunciare per quest’anno a completare il grande slam con l’unico major che manca del suo palmarès. Il montepremi è di 11.500.000 dollari.

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