Nel centro della regione Sardegna, l’unica che era fino a ieri, in questo momento di Covid in bianco, ora passata ad arancio con un po’ di problemi di contagi, c’è Gabriele Moratti, guidato da Gian Matteo Baldi, a creare Bentu Luna un nuovo progetto enologico che si basa totalmente su vecchie vigne, che vanno da un minimo di 35 fino ai 115 anni di età.

 

La cantina ha sede a Neoneli, in provincia di Oristano, mentre l’attività si sviluppa tra il Barigadu e il paesaggio policolturale del Mandrolisai, uno dei quattordici in Italia iscritti al Registro nazionale dei Paesaggi rurali d’interesse storico e l’unico della regione.

Lo stile Bentu Luna pone al centro l’essere umano e la sua capacità di interpretare la natura secondo creatività e scienza. Il valore intrinseco di quest’area è il terroir, inteso come intersezione tra microclima, qualità del suolo e lavoro dell’uomo. “I vigneti sono il frutto di una cultura millenaria rimasta pressoché invariata, fondata sul concetto di non proprietà e di naturale ereditarietà familiare che rischiava di essere abbandonata poiché non creava più reddito – spiega Gian Matteo Baldi – Insieme ai contadini e agli abitanti di Neoneli abbiamo concordato per la gestione condivisa dei vigneti, così da integrare la manodopera e il sapere locale con le nostre competenze tecniche e tecnologiche”.

La struttura organizzativa dell’azienda, come per la tenuta Castello di Cigognola in Oltrepò Pavese, si presenta snella e intergenerazionale, con giovani professionisti coadiuvati da consulenti esterni di caratura internazionale. L’enologa in loco è Emanuela Flore, affiancata dall’agronomo Giovanni Bigot e da altri professionisti tra cui l’enologo Beppe Caviola come responsabile dei blend.

L’approccio umanistico non può prescindere da un profondo rispetto per l’ambiente: dalla gestione dei vigneti all’architettura della cantina, fino ai materiali utilizzati per il confezionamento dei vini, tutto è pensato in ottica di sostenibilità e risparmio energetico.
Al fine di tutelare l’integrità di suolo, piante e grappoli, all’interno della vigna non sono ammessi macchinari ma solo uomini e animali. La raccolta è manuale così come la pressatura.

Ciascuna particella è vinificata separatamente all’interno di vasche in cemento crudo di piccole dimensioni per rispettare le specificità di ogni microzona. Tutti i vini sono a fermentazione spontanea, con pied de cuve altamente selezionato e curato al fine di evitare derive. L’alta precisione e il minimo intervento umano, possibile grazie a un grande lavoro preparatorio in vigna, portano alla nascita di vini puliti che compiono subito la fermentazione malolattica.

Le prime etichette a esordire sul mercato sono Mari e Sobi. Mari è un Mandrolisai DOC, da vigneti tra i 35 e i 70 anni allevati ad alberello. Le uve sono 35% Bovale sardo, 35% Cannonau, 30% Monica raccolte nella prima decade di ottobre. Dopo una lenta e accurata diraspatura del grappolo, prende avvio la fermentazione con piede spontaneo in vasche di cemento. L’affinamento è di otto mesi in barrique di rovere di secondo passaggio, durante il quale si effettuano leggeri bâtonnage e si attiva la malolattica.

Ne nasce un vino di grande equilibrio: al naso emergono note speziate, in bocca è morbido e colpisce per gli avvolgenti sentori di frutta scura e la deliziosa nota salata; il finale è caldo.

Lo stesso processo di vinificazione è adottato per Sobi, rosso di Sardegna da vigneti tra i 35 e i 70 anni allevati ad alberello, per un naso delicato e una grande struttura. Le varietà che lo compongono provengono da diverse zone di Neoneli. I vitigni sono per il 25% Bovale sardo, 35% Cannonau, 5% Monica e 35% tra Pascale, Cagnulari, Carignano e Barbera.

 

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