L’australiano vince il 150° Open Championship. Delusione per McIlroy giunto terzo. Bene Molinari e Celli.
E stato il ventottenne australiano Cameron Smith ad alzare al cielo di St. Andrews l’ambitissima Claret Jug del 150° Open Championship. La sua non è stata una vittoria a sorpresa considerato che sin dal primo giro si è trovato nei piani alti del tabellone tanto che dopo le prime 36 buche era al comando con lo score da record di -13. La terza giornata, però, aveva rovesciato un po’ la situazione e alla partenza dell’ultimo giro a comandare il leaderboard c’era Rory McIlroy, sempre più idolo degli appassionati britannici, assieme al giovane norvegese Viktor Hovland con ben quattro colpi di vantaggio sullo stesso Smith e sull’americano Cameron Young.
Tutto sembrava presagire, e più di ogni altro il popolo dei 50 mila appassionati che domenica hanno affollato l’Old Course, il tanto agognato ritorno alla vittoria in un Major per McIlroy dopo un digiuno di otto anni. E fino alla buca 9 il destino era sembrato sorridere al campione nordirlandese che aveva mantenuto la leadership del torneo anche se il vantaggio iniziale si era ridotto. Poi tutto è cambiato.
Cameron Smith ha cambiato marcia infilando un’incredibile striscia di cinque birdie consecutivi dalla 10 alla 14, un’impresa che nessuno aveva mai compiuto nelle precedenti 30 edizioni dell’Open Championship disputate a St. Andrews. Il suo putter, che già nei giorni era stato molto caldo, nelle seconde nove dell’Old Course è diventato addirittura rovente imbucando da ogni parte degli immensi green del percorso come ha fatto alla terribile buca 17 salvando un incredibile par.
Per chiudere in bellezza Smith all’ultima buca ha messo segno l’ennesimo e decisivo birdie per uno score di giornata di 64 colpi che gli ha permesso di aggiudicarsi il suo primo Major della già brillante carriera davanti a uno strepitoso Young mentre McIlroy è finito addirittura in terza posizione. La grande delusione del nordirlandese era evidente nei sorrisi di circostanza cha ha distribuito al termine del suo ultimo giro. Nelle 18 buche finali ha preso tutti i green in regulation, non ha fatto nemmeno un bogey, da tee a green ha giocato come solo lui sa fare, ma il suo putter si è semplicemente rifiutato di collaborare impedendogli di realizzare almeno quattro o cinque occasioni da birdie lasciandolo così da solo in una delle giornate più importanti della sua carriera. 
Tutti si aspettavano una grande prova di McIlroy a St. Andrews e lui ha risposto da campione dominando il campo e controllando il suo gioco come raramente gli era capitato, almeno fino a nove buche dalla fine. Ma non è bastato. Quando l’Old Course di St. Andrews si presenta duro e secco come quest’anno, senza vento con il rough gentile perché quasi bruciato, il gioco diventa una sorta di gara sul putting green e non a caso la Claret Jug se l’è aggiudicata il miglior puttatore del torneo e tra i migliori al mondo in questo specifico settore di gioco.
In questo splendido 150° Open Championship che ha regalato emozioni sino all’ultima buca dell’ultimo giro ci sono stati anche squarci di azzurro intenso con il giovane dilettante Filippo Celli, finito 47° a -5, che ha conquistato la Silver Medal, il riconoscimento che spetta al miglior amateur sulla distanza delle 72 buche, e con Francesco Molinari il quale grazie a due grandi giri finali è risalito fino alla 15 posizione con -10 mostrando incoraggianti segnali di ripresa. Adesso resta da capire come il ventunenne romano Celli, il quale da tempo vive, studia e gioca in un college americano, programmerà il suo futuro, cioè decidere se passare subito al professionismo o attendere ancora un po’. 
Per Molinari, invece, c’è capire se questa bella perfomance sull’Old Course rappresenti il definitivo ritorno ai livelli che gli sono più consoni. In questo senso la sua presenza al prossimo Open d’Italia sarà molto significativa.
Il 150° Open Championship, però, sarà ricordato soprattutto per la presenza di Tiger Woods il quale, dopo aver saltato l’US Open in giugno, si è presentato a St. Andrews con buone aspettative. Purtroppo è incappato in un pessimo primo giro chiuso in 79 colpi che di fatto ha sancito già dal giovedì la sua uscita dal torneo. Il giorno ha dopo ha fatto un po’ meglio ma il miracolo di giocare anche nel weekend come aveva fatto al Masters e al PGA Championship era davvero impossibile. Nel complesso, grazie a una condizione fisica accettabile, ha toccato bene la pallina con legni e ferri, ma è mancato clamorosamente sul putting, un tempo il suo vero punto di forza. Nonostante gli score tutt’altro che brillanti Tiger Woods è stato uno dei protagonisti dell’Open Championship e il tributo che gli è stato riservato dal pubblico sul fairway della buca 18 a conclusione del suo secondo e ultimo giro è stato qualcosa di straordinario tanto che un’evidente emozione si è palesata sugli occhi umidi del solitamente glaciale Tiger Woods.
Per molti addetti ai lavori potrebbe essere stata la sua ultima apparizione a St. Andrews, ma Tiger ha lasciato la porta aperta. “Il golf è la mia vita – ha dichiarato – e farò di tutto per continuare a giocare”. Conoscendo la sua ferrea determinazione non è difficile credergli.        

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