Il massacro di Whistling Straits
La “mission impossible” dell’Europa non è riuscita. È stato sin troppo facile per lo squadrone americano, superfavorito della vigilia, riportare a casa la Ryder Cup con il vantaggio più alto mai registrato dal 1979, da quando la selezione della Gran Bretagna si è allargata anche agli altri giocatori continentali.
A Whistling Straits non c’è mai stata battaglia, non ci sono né state emozioni ne dubbi su quale potesse essere l’esito finale. La batosta subita dalla squadra di Padraigh Harrington è stata tale da non ammettere discussioni. L’Europa non è mai stata in gioco e ha subito sin dal primo turno dei Foursomes del venerdi mattina la schiacciante superiorità degli USA che è durata per tutti i tre giorni di gara.
Come spesso capita in queste occasioni adesso sulla testa del capitano europeo, Padraig Harrington, pioveranno critiche e polemiche su come ha allestito la squadra e su come ha scelto alcuni abbinamenti dei doppi, ma quello che è accaduto sulle 18 buche disegnate dal genio visionario di Pete Dye ha semplicemente sancito una superiorità che stava già scritta da tempo nei numeri di questa sfida. In questo momento nessuna squadra europea è in grado di competere con quella americana. La somma delle posizioni nel ranking mondiale degli americani era di 107, quella dell’Europa di 370. Giocando con le cifre si può dire che la squadra USA era tre volte più forte di quella europea e il campo lo ha confermato con tutta la brutalità che il golf sa esprimere.
Se il capitano a stelle e strisce, Steve Stricker, avesse selezionato i 12 giocatori che in questo momento nel ranking mondiale stanno dietro i vincitori di Whistling Straits avrebbe comunque messo in campo una formazione più forte di quella europea. Lo spirito di squadra, il carattere, la voglia di combattere sono tutti fattori importanti, ma quando lo squilibrio tecnico è così evidente come è accaduto in questa edizione della Ryder Cup c’è poco da fare. Non c’è stato un solo settore del gioco nel quale gli americani non si siano dimostrati nettamente superiori.
L’hanno tirata più lunga (De Chambeau l’ha mandata addirittura a quasi 380 metri!), hanno preso più facilmente i green, hanno approcciato da favola (il colpo in verticale di Spieth dalle sponde del green della 17 resterà uno dei momenti top di questa Ryder Cup), ma soprattutto hanno fatto vedere che quando hanno il putter in mano per gli avversari è notte fonda.
Scegliere il migliore tra i giocatori della squadra a stelle e strisce è un’impresa ardua, ma su tutti hanno spiccato Dustin Johnson, che si è aggiunto al ristrettissimo gruppo, del quale fa parte anche Francesco Molinari, capace di vincere tutti i cinque match giocati, e il giovanissimo Colin Morikawa che, dopo aver vinto l’US Open e l’Open Championship, si è messo nella bacheca di casa anche una Ryder Cup da protagonista.